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Lo stato del business IA in Italia

Il Politecnico di Milano ha recentemente commissionato un report sullo stato del business dell'Intelligenza Artificiale in Italia. Non sorprende l'interesse di grossi player per quello che, indubbiamente, è uno dei segmenti di mercato ancora poco occupati, nel nostro Paese.

A piccoli passi, in Italia si fa strada l’Intelligenza artificiale nei settori produttivi: il mercato - tra software, hardware e servizi - nel 2019 ha raggiunto il valore di 200 milioni di euro, di cui il 78% commissionato da aziende italiane e il 22% come export, rileva il Politecnico di Milano nel suo report su IA. Valori ancora bassi se si considerano i big del settore come gli Stati Uniti, dove, secondo Market Research, il mercato supererà i 2,2 miliardi di dollari entro il 2025.


“Il valore di 200 milioni di euro per il mercato dell’IA in Italia rappresenta solo l’inizio di un percorso, dal potenziale largamente inesplorato", afferma Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence del PoliMi. Molte imprese italiane infatti si trovano ancora in fase di avvicinamento all’Intelligenza artificiale. Poco più di metà (53%) ha adottato un 'approccio esplorativo' e la studia per identificare un'opportunità di business, mentre il 47% ha ricevuto una spinta dalla filiera: non solo da clienti che richiedono servizi e prodotti più innovativi, ma anche da fornitori tecnologici e competitor.


Il principale freno all’avvio di un progetto di intelligenza artificiale, secondo il rapporto, è la mancanza di competenze, per l’89% delle organizzazioni, seguita dalla reperibilità di professionisti con la formazione adeguata sul mercato del lavoro (76%). Non mancano problemi di adeguamento alle norme sulla privacy (70%), così come la necessità di personalizzazione dell’offerta sul mercato (53%), l’identificazione di un’offerta che risponda alle esigenze tecnologiche (49%) e l’accettazione da parte dei dipendenti (47%).


"Le imprese italiane sono sempre più consapevoli dell’opportunità di questo trend e si stanno strutturando per creare le condizioni di uno sviluppo sostenibile e rapido dei progetti: quelle che si sono mosse per prime stanno passando dalla sperimentazione all’implementazione o alla messa in produzione, molte altre stanno creando le condizioni abilitanti, dal punto di vista della gestione dei dati e della conoscenza delle metodologie e degli algoritmi, per intraprendere il percorso di adozione”, aggiunge Piva.


La maggior parte della spesa per l’IA in Italia è dedicata a software, seguita dai servizi. La spesa in hardware invece è ancora contenuta:le aziende tendono a scegliere di non fare investimenti diretti in hardware computazionale e di archiviazione, anche perché la maggior parte dei progetti è ancora in fase di prototipo. Tra i diversi settori, l’IA è diffusa in particolare nelle banche e finanza (25% del mercato), nella manifattura (13%), nelle utility (13%) e assicurazioni (12%).


Il quadro preso in esame dal Politecnico di Milano riguarda la situazione italiana, ma è probabile che il mercato possa avere una spinta ulteriore dall'Unione europea: la Commissione infatti ha appena presentato il Libro bianco sull’Intelligenza artificiale, con proposte concrete per un approccio europeo all'IA.


Sono proposte che includono strategie per incentivare investimenti per sostenere e accelerare l'adozione dell'IA anche da parte delle piccole e medie imprese (Pmi), la 'spina dorsale' dell'economia italiana. La chiave per riuscirci, nelle intenzioni dell'Ue, si troverà nella collaborazione tra settore pubblico e privato, che la Commissione intende favorire per mobilitare risorse e creare un "ecosistema di eccellenza", a partire dalla ricerca e dall'innovazione.


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