Il tema dell'Intelligenza Artificiale (IA) è uno dei più dibattuti, a partire dalla comunità scientifica, fino a quella filosofica e quella economica. L'argomento suscita le attenzioni di professionisti con i più ampi background formativi possibili, poiché è una tematica che promette di sconvolgere a 360 gradi il nostro modo di interfacciarci con la realtà.
Non dobbiamo dimenticare, però, che è l'uomo a programmare il software cui l'intelligenza artificiale fa riferimento, per cui abbiamo davanti a noi un lavoro enorme per cercare di ridurre il più possibile i bias, insiti nell'uomo, che rischiano uno spillover nel software stesso.
Per approfondire ulteriormente il tema dell'IA e il suo impatto sul mondo del lavoro condividiamo un estratto di uno studio apparso su AI4Business.
Nella sua accezione puramente informatica, l’Intelligenza Artificiale potrebbe essere classificata come la disciplina che racchiude le teorie e le tecniche pratiche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (in particolare ai ‘calcolatori’) di mostrare attività intelligente, per lo meno in specifici domini e ambiti applicativi.
Già da questo primo tentativo di definizione è evidente che bisognerebbe attingere ad una classificazione formale delle funzioni sintetiche/astratte di ragionamento, meta-ragionamento e apprendimento dell’uomo per poter costruire su di essi dei modelli computazionali in grado di concretizzare tali forme di ragionamento e apprendimento (compito arduo dato che ancora oggi non si conosce a fondo il reale funzionamento del cervello umano).
Non solo, quando si parla di capacità di ragionamento e apprendimento automatico sulla base dell’osservazione spesso si incappa nell’alveo del Cognitive Computing che va però inteso come l’insieme della piattaforme tecnologiche basate sulle discipline scientifiche dell’Intelligenza Artificiale (tra cui Machine Learning e Deep Learning) e il Signal Processing (la capacità di elaborare i segnali).
Dal punto di vista delle abilità intellettuali, il funzionamento di una AI si sostanzia principalmente attraverso quattro differenti livelli funzionali:
comprensione: attraverso la simulazione di capacità cognitive di correlazione dati ed eventi l’AI (Artificial Intelligence) è in grado di riconoscere testi, immagini, tabelle, video, voce ed estrapolarne informazioni;
ragionamento: mediante la logica i sistemi riescono a collegare le molteplici informazioni raccolte (attraverso precisi algoritmi matematici e in modo automatizzato);
apprendimento: in questo caso parliamo di sistemi con funzionalità specifiche per l’analisi degli input di dati e per la loro “corretta” restituzione in output (è il classico esempio dei sistemi di Machine Learning che con tecniche di apprendimento automatico portano le AI ad imparare e a svolgere varie funzioni);
interazione (Human Machine Interaction): in questo caso ci si riferisce alle modalità di funzionamento dell’AI in relazione alla sua interazione con l’uomo. È qui che stanno fortemente avanzando i sistemi di Nlp – Natural Language Processing, tecnologie che consentono all’uomo di interagire con le macchine (e viceversa) sfruttando il linguaggio naturale.
Quando si parla di Intelligenza Artificiale però non si può non toccare aspetti etici e sociali come quelli legati al lavoro e all’occupazione dato che i timori nella comunità globale crescono.
Timori giustificati se si pensa che la metà delle attività lavorative di oggi potrebbe essere automatizzata entro il 2055. Qualsiasi tipo di lavoro è soggetto a una automazione parziale ed è partendo da questa considerazione che nel report A Future That Works: Automation, Employment and Productivity, realizzato da McKinsey Global Institute – MGI (un report di 148 pagine, disponibile sul sito del World Economic Forum di Davos, dove è stato ufficialmente presentato nello scorso gennaio), si stima che circa la metà dell’attuale forza lavoro possa essere impattata dall’automazione grazie alle tecnologie già note e in uso oggi.
In realtà a mettere un freno ai timori che da mesi spopolano via web e social sulla responsabilità dell’Intelligenza Artificiale nel “distruggere” posti di lavoro arrivano diversi studi. Di seguito segnaliamo quelli più significativi:
secondo lo studio di Capgemini intitolato “Turning AI into concrete value: the successful implementers’ toolkit” l’83% delle imprese intervistate conferma la creazione di nuove posizioni all’interno dell’azienda, inoltre, i tre quarti delle società intervistate hanno registrato un aumento delle vendite del 10% proprio in seguito all’implementazione dell’Intelligenza Artificiale;
un recente report di The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review dimostra che la riduzione della forza lavoro è temuta solo da meno della metà dei manager (47%), convinti invece delle potenzialità (l’85% degli interpellati pensa che permetterà alle aziende di guadagnare e mantenere un vantaggio competitivo);
una nuova ricerca di Accenture (“Reworking the revolution: are you ready to compete as intelligent technology meets human ingenuity to create the future workforce”) rilasciata in occasione del recente Forum dell’Economia di Davos stima stima del report è che i ricavi delle imprese potrebbero crescere del 38% entro il 2020, a patto che investano sull’Intelligenza Artificiale e su un’efficace cooperazione uomo-macchina.
L'articolo completo è disponibile alla fonte: https://www.ai4business.it/intelligenza-artificiale/intelligenza-artificiale-cose/
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